Tre poesie di Antonio Francesco Perozzi da "Lo spettro visibile" (Arcipelago Itaca 2022)
Sirio
Così vicini a Saturno alcuni cespugli
infestano le notti. In silenzio. Luglio
da un pezzo ha scavato nella sera
qualcosa come un sacrificio o un
allentamento dei gas. E il colore
dell’esosfera è compatto superato
il raccordo che da Roma immette
nell’innocenza. Vecchie case. Distanti galassie
alcune luci arrivano uguale – pianeta
Terra chiama ovunque si registri
una rispondenza astro/argomento o una linea
che smaschera orsi a nord-nord-ovest.
Sirio la grande, sappiamo. Ora che è infranta
ogni barriera tra via Enrico Fermi e il cosmo
scendono al concerto delle piante cataste-
rismi e bulbi stellari: l’hanno presa
in zona l’antimateria per tenerli
tessuti insieme (cani, dragoni, balene,
profumo di oleandro voluto da Vega).
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Espansione intrinseca
È verso mezzogiorno, di solito, che l’universo si dilata,
quando approfittando che è maggio qualcuno di noi
ha riscoperto le sedie in paglia, e il giardino.
Sempre lo stesso (non sono io) riversa
caffè bollente in tazze blu-invisibile che
trattengono il fumo sul bordo (sono sabbie
per lunghi processi raffinate fino a essere
oggetti che si usano e il fumo qualcosa
di antichissimo che esala): grazie.
Siamo nove come sempre ma il sole ci spacca
in quarzi dal taglio fino e se lui
serve il giro al contrario c’è una rifrazione
del vetro facilissima poesia dei mondi
remoti. Siete a un metro, così il metro
da larghissimi millenni si stira, produce
galassie a partire dalle vostre barbe, dai toraci
che si spappolano, svenano le loro gabbie
in corpuscoli e quasar da capire solo attraverso
il riflusso di una forza debole. Vecchia anni e anni-luce.
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Libeccio
Finisce con un vento gonfio che muove
anche quello che si crede non si muove.
Dallo slargo del bastione lo riceviamo.
E chissà quali degli ospitati lo sanno
che all’interno del libeccio squilibrano dei sassi,
l’intero regno dei pesci, buchi neri;
chissà quali lo sapranno negare. Così
si vive. Nella riga di sabbia tra quello
che l’aria solleva e quello che non può
neanche sfiorare. Cioè nulla oppure il contrario:
dal momento che proprio al massimo dell’intensitÃ
si satura una quiete, che altro se non le ossa
ci può trascinare? Le ossa cavate da una madre,
le ossa di una specie, le ossa dei midolli addestrate
a tracciare lontananza. Non lo so e non lo sai.
E allora guarda, guarda come spacca le vele
questa roba chiara che si sfalda, che caderci
dentro sarà tredici secoli ancora il destino:
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Antonio Francesco Perozzi (Subiaco, 1994) vive in provincia di Roma e insegna nella scuola secondaria. Il suo ultimo libro è Lo spettro visibile (Arcipelago Itaca, 2022, introduzione di Pasquale Pietro Del Giudice) e sarà presente nel XVI Quaderno italiano di poesia contemporanea (marcos y marcos). Suoi racconti, articoli, poesie, lavori visivi e sonori sono apparsi in riviste e blog. Gestisce il blog La morte per acqua e conduce il podcast Spara Jurij.
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