Tat’jana Grauz in Secolo Donna 2020 - Almanacco di poesia italiana - a cura di Bonifacio Vincenzi (Macabor 2020)
Ho avuto modo di leggere questo Almanacco, dedicato nel 2020 alla poetessa Maria Grazia Calandrone, una delle voci più note, originali e intense della poesia dei nostri giorni, ma è l’operazione sottesa al lavoro nella sua globalità che ha colpito la mia attenzione per la novità e l’intelligenza con cui il curatore, Bonifacio Vincenzi, ha elaborato il piano dell’opera. E mi spiego meglio. Per quanto la Calandrone abbia nel libro la parte del leone, non si tratta affatto di un lavoro monografico: diciamo che ella fa da apripista, o forse da madrina, alla presenza di tante autrici italiane, alcune di fama consolidata, altre emergenti, altre – sotto i trent’anni – giovanissime ma di indiscutibile sensibilità poetica. Si ha modo così di restare al corrente della contemporaneità artistica e il lettore si può fare un’idea chiara delle varie voci, che sono presentate in ‘pillole’, ma di sostanza, in autenticità, come si conviene ad un’antologia illuminata.
A cornice di ogni autrice, ed è la cosa che mi ha più favorevolmente stupito, è il numero delle recensioni riportate su ogni poetessa, voci di critici di rilievo, motivo per cui il lettore – che leggendo le poesie ha colto suggestioni e si è fatto un’idea dell’autrice – ha immediatamente la possibilità di verificare le proprie opinioni confrontandole nell’immediato col parere ‘professionale’ di critici d’arte. Ne conseguono una apertura e una circolarità di dialogo e di pensiero, seppure a distanza, tra critico e lettore. Tutto ciò fa bene alla poesia, porta chi legge ad una maggiore familiarità con il testo, ad affinare nel confronto con le idee altrui le proprie capacità di ‘sentire’.
Il Bello artistico non si impara d’acchito, ma si possono perfezionare le proprie doti, ci si può auto-educare, a volte basta un semplice incoraggiamento, la guida di una serie di recensioni diverse che portano in luce aspetti rimasti in ombra al lettore; l’educazione alla bellezza forse non porterà alla salvezza del mondo, ma sicuramente ad una visione personale più attenta della nostra interiorità e di quella degli altri, natura inclusa, ad una capacità di cogliere tramite l’arte altrui quello che anche noi pensiamo e sentiamo, magari in forma solo abbozzata.
Dopo questo dovuto apprezzamento ai criteri editoriali, accenno a Tat’jana Grauz, poetessa russa, che mi ha molto incuriosita, di cui parla l’Almanacco. Dico accenno perché non credo che in Italia ci sia vasta conoscenza di lei né traduzione dei suoi libri. Ho tratto le poche notizie biografiche appunto dall’ Almanacco stesso.
È nata a Celjabinsk, nella zona centrale degli Urali, e, stabilitasi a Mosca, ha scritto e pubblicato vari libri di poesia dai primi anni Duemila. Gli ultimi usciti sono del 2014 e del 2019.
Suo traduttore italiano per questa antologia è Paolo Galvagni, a lui si deve quindi la traduzione dei testi che vi propongo. Mi pare che renda al meglio la sensibilità dell’autrice e nel tradurre sia viva l’attenzione a coniugare i particolari precisi dell’ambiente naturale con la contemporaneità di un linguaggio multiforme, concreto e quotidiano nella scelta del lessico, ma nello stesso tempo profondamente evocativo nella resa globale.
All’alba
gli occhi del Buddha sono coperti dall'oblio
la voce del Buddha è condannata al silenzio
i piedi del Buddha sono rossi per l'immobilità
e il fiore della rosa-veggente del Buddha ri-generato
lascia in libertà uccelli dorati e volanti
ma a me è più caro il nazzareno
che è comparso all'alba
e all'amico non credente ha aperto le ferite
la luce della fede
con un solo movimento della vita
*
Mancanza di vento _ settembre
soleggiata mancanza di vento delle erbe
la quiete dell’achillea
nel silenzio del giorno
settembre intona il suo canto imponderabile
*
La rosa selvatica ravvivata
negli addii e nelle attese — la malleabilità del tempo
le venature d'una foglia si inscuriscono in un raggio di luce
nell’umida imbiancatura del giorno cupo — l'affresco del parco di maggio
quando fiorirà la rosa selvatica ravvivata
non dimenticarti di questa calda pioggia
*
Un'ora-per-due
da dove giunge qui lo spirito denso e aspro
dell'erba e della tintarella
e il labirinto di sentieri è così intricato
e le aiuole e la calendula e le api
e la ciclista
su una bici rumoreggiante e vecchia
sfreccia a precipizio
quando entriamo in questo noto parco
per un'ora-per-due-per-l'eternità
e apriamo il duro cancello d'agosto
La poesia della Grauz ha nel complesso una imponderabilità e una leggerezza di grande suggestione e di intensa capacità evocativa. Sembrerebbe una poesia fatta di piccoli elementi concreti, fiori minutamente descritti, api, parchi, luci in ore precise del giorno e di stagioni. Ma non è così: tutta la concretezza di questi aspetti quotidiani è avvolta da un senso superiore del vivere e del morire, luci e ombre nel silenzio si alternano in una dimensione transumana.
Il tempo è una essenza metafisica: viene come da altrove, proprio come il vento, inafferrabile come l’imponderabilità delle cose profonde, come il sentire, come il pensiero, sospeso, non toccabile dai sensi eppure presenza tangibile nel corso della vita del singolo uomo e della storia umana tutta intera. La sospensione del tempo in un vuoto di silenzio surreale consegna alla poesia della Grauz un clima ‘altro’ di bellezza fuori da ogni età, ma ci riporta poi appunto al reale con riferimenti alla natura e ai luoghi precisi, coi rumori della vita che irrompono, come la bicicletta rumoreggiante, che porta la frenesia del vivere oggi, la velocità del tempo umano dell’orologio, nello sfrecciare ‘a precipizio’ per i viali del parco.
Questo tipo di poesia pensante è spesso giocata sui contrasti: silenzio-rumore, luci-ombra, categoria del caduco e quella dell’eterno. Immobilità silenziosa e movimento della vita separano anche le concezioni filosofico-religiose del mondo orientale da quelle occidentali, nel potente componimento All’alba dove, pur nella concisione del testo, ogni parola risulta indispensabile sia per la comprensione del pensiero sia per la perfezione stilistica di una poesia davvero compiuta.
Molto mi ha aiutato a ‘sentire’ questi testi “l’anima di ciò che vivendo si consuma”, profonda annotazione critica di Bonifacio Vincenzi.
Marvi del Pozzo