top of page

Georg Trakl "Anima azzurra, vagare oscuro" a cura di Anna Maria Curci (Marco Saya Edizioni 2023)




Presento oggi un libro a cura della poetessa Anna Maria Curci. Non è un suo libro di versi, ma un’antologia di poesie dell’austriaco Georg Trakl (1887 – 1914), tradotte dal tedesco con particolare resa poetica: Anima azzurra, vagare oscuro, Marco Saya Edizioni 2023.

Mi sono buttata direttamente sulla lettura di questo testo prima di leggere la ricca parte introduttiva, perché volevo reinserirmi direttamente nel godimento di una poesia che ricordavo stupefacente, nel senso letterale della parola, cioè che crea stupore, per la bellezza dolente che suscita, per la perfezione dei sentimenti uomo-natura che evoca, per quel clima di inquietudine sublimata (anche qui dovrei fare riferimento all’etimologia, a quel concetto di sublime che ci riporta a Kant), a tutto quel mondo di sensibilità ‘superiore’ tale da portare noi lettori all’Oltre, quasi al di là di noi stessi, come solo raramente avviene anche con la migliore poesia. Non so se una simile compenetrazione abbia a che fare con processi misteriosi della mente umana: non posso dirlo perché è un fenomeno che riguarda il sentire, una sfera non catalogabile in quanto non concerne la razionalità. Forse coinvolge invece l’inconscio, certe potenzialità. Non lo so, ma certo immagino tali forme di compartecipazione piuttosto simili all’estasi dei santi: si verifica, mutatis mutandis, un uscire fuori da noi per identificarci in una ‘superiorità’ che ci trasferisce in una perfezione di pienezza più che umana e ci porta ad una felicità indicibile di Bellezza e di Verità, che giustappunto non ha spiegazione logico-razionale, però avviene, con conseguente senso di pacificazione tra noi stessi e il mondo, con uno stato di completezza interiore più di ogni altra cosa realizzante.

Ho provato queste sensazioni, così intense ma così poco descrivibili, in massimo grado leggendo  Anima azzurra, vagare oscuro mirabilmente curata da Anna Maria Curci. Molto più oggi che non alla prima lettura di Trakl parecchi anni fa.  Per capirne di più solo dopo ho letto le meravigliose introduzioni di Anna Maria Curci e di Paola Del Zoppo e credo di aver compreso i motivi sostanziali del mio coinvolgimento: in primo luogo c’è il problema della traduzione. Sostengo da tempo (e in particolar modo dagli ultimi anni ‘21/22, in cui mi sono impegnata nella traduzione dei quattro libri delle Odi del poeta latino Orazio) che la poesia dovrebbe essere tradotta da un poeta. E la Curci lo è.  È una cosa che fa la differenza: il poeta, che è abituato da sempre a maneggiar poesia, ha animo e orecchi più attrezzati a cogliere ritmi, suoni, intensità di una parola piuttosto che un’altra. Il linguaggio poetico è completamente diverso da quello prosastico: la parola si fa musica, le figure fonetiche rendono la sinfonia del testo e insieme aiutano a cogliere lo spirito, l’anima dell’autore. Questa è la peculiarità di Anna Maria Curci. Lei è poeta e traduttore, riesce a rendere magistralmente tanto lo spirito quanto la lettera del canto che traduce: dà al lettore gli strumenti per penetrarlo a fondo. La poesia, come persona viva, è fatta di corpo e di anima, mente, pensiero. Se viene a mancare una parte, il testo poetico tradotto risulta monco. Certo è un’opera ardua quella del poeta traduttore. C’è il rischio di privilegiare magari il significato più preciso, letterale, del testo, a scapito dello spirito informatore del tutto o viceversa. Spesso, nel gruppo di poesia di cui mi occupo da vari lustri, propongo due o tre traduzioni di uno stesso testo da parte di importanti figure di traduttori, talora notissimi poeti. Li propongo anonimi e apro la discussione collettiva. Quante traduzioni vengono considerate insufficienti perché, per rendere lo spirito, si trascura la lettera, o perché la traduzione è resa in modo troppo letterale ma arido, con terminologia piatta, non ariosa: la poesia del testo originale perde vita, perde grazia.

Il lavoro della Curci è esemplare. E il lettore lo tocca con mano: nella sua traduzione chiarifica un concetto, che già era in me seppure mai enucleato in forma così puntuale. Lo riporto come citazione, specificando che il fenomeno di cui la Curci parla si verifica in sommo grado, se il traduttore è a sua volta poeta:

ogni traduzione porta con sé (accanto alla resa come sconfitta, seppur parziale, data dal sentimento di perdita di questo o quell'aspetto del ‘corpo sonoro’ della poesia originale che si avverte come trascurato, ‘sacrificato’ nella soluzione adottata) anche il frutto di una ricezione del testo di partenza che diventa, a sua volta, creazione poetica.

Il poeta traduttore, nell’aspirazione di inserirsi totalmente nel testo poetico e nel modo più ‘giusto’, non può, aderendo allo spirito dell’autore tradotto, cancellare del tutto l’anima senziente propria e quindi da un lato avremo il risultato di una sentita trasposizione che si configura, in parte, come nuovo testo. Si aggiunge bello al bello, arte all’arte. Avremo ottenuto non il ‘prodotto’ di un’arte statica, storica, ma di un’arte in movimento che vive, cresce, parla ai nostri tempi, ai lettori di oggi.

Nelle ulteriori Note sulla traduzione Anna Maria Curci chiarisce al lettore le soluzioni adottate nella resa dei versi di Trakl, specificando la sua attenzione nel rendere in italiano le rime proprie, o anche le improprie, del corrispettivo tedesco rispettando gli schemi metrici dell’originale, quando è stato possibile. In altri casi, usando l’endecasillabo, si sono rispettate le figure fonetiche, il suono onomatopeico di certi lemmi o singole consonanti, le allitterazioni, ecc.  È stato un lavoro di costruzione ardito e impervio (ma davvero ammirevole) che ha dato mirabili frutti e ha reso, a parer mio, il libro esemplare.

 

Riporto alcune poesie in Italiano, ma meriterebbe affiancare alla traduzione il testo originale tedesco, come in effetti è nel libro della Curci.

 

Autunno trasfigurato

Finisce così l'anno, con vigore,

Con vino d'oro e frutto dei giardini.

Tacciono intorno i boschi, ed è stupore

Al solitario sono per via vicini.

 

Allora dice il contadino: è bene.

Voi campane del vespro a largo raggio

E piano ancora in fine date forze serene.

Stormo di uccelli saluta lungo il viaggio.

 

È dell'amore il tempo di mitezza.

Giù per l'azzurro fiume sulla chiatta

S’avvicendano immagini, quanta bellezza –

Tramonta in silenzio tutto e in quiete perfetta.

 

*

In un vecchio album

Ritorni sempre tu, malinconia,

Oh mitezza dell'anima sola.

Un giorno dorato dà l'ultimo guizzo.

 

Con umiltà si piega, chi è paziente, al dolore

Con accordi armoniosi e di morbida follia.

Guarda! già imbrunisce.

 

Torna la notte e un essere mortale si lamenta,

E un altro condivide il dolore.

 

Rabbrividendo sotto stelle autunnali

Si piega di anno in anno ancor più a fondo il capo.

 

*

Hölderlin

Il bosco giace espanso per l'autunno

Sostano i venti per non svegliarlo

Dormono placidi gli animali in nascondigli,

Mentre il ruscello scivola sommesso.

 

Così un nobile capo fu oscurato

Nello splendore e lutto della sua bellezza

Da follia, che un brivido devoto

A sera mormora di erba in erba.

 

*

(Oscuro è il canto)

Oscuro è il canto della pioggia di primavera nella notte,

Sotto le nubi gli scrosci di rosei fiori di pero

Trucco del cuore, canto e follia della notte.

Angeli di fuoco che emergono da occhi estinti.

 

*

(Così sommesse suonano)

Così sommesse suonano

Di sera le ombre azzurre

Sul muro bianco.

Silenzioso si china l'anno autunnale.

 

Ora di mestizia infinita,

Come se io patissi la morte per te.

Soffia di stelle

Un vento nevoso tra i tuoi capelli.

 

Canti oscuri

Canta la tua bocca purpurea in me,

La capanna taciturna della nostra infanzia,

Leggende dimenticate;

 

Come se io abitassi una bestia mite

Nell'onda cristallina

Della sorgente fresca.

E intorno fioriscono le violette.

 

Marvi del Pozzo

 

 

 

 

 

 

bottom of page