top of page

Anita Menegozzo

Vi presento oggi Anita Menegozzo, poetessa veneziana, anzi si presenta da sola con la poesia


           


Biografia


 


Lasciatemi il diritto al mio banale

a voi quello che sogno perché scrivo

a me quello che resta del mio sogno

Si vive dentro un nome e non di quello

si vive per capirlo

uscirne

e poi passarlo

prezioso ma leggero

e ancora più selvaggio a cavalcarlo

Non altro tra il vagito ed il saluto

se non quel gesto privo di rimedio

che fa spiccare in volo ciò che sento

in piedi sulle punte e braccia tese,

le mani più che posso oltre la testa

lo sguardo oltre me stessa

sperando che chi passa

una mia qualche briciola raccolga


Voce particolarmente originale ed intensa della poesia contemporanea, tra tutte quella che incarna più da vicino – a mio avviso – il pensiero di una grande saggista e scrittrice, defunta nell’agosto scorso, Toni Morrison. In un suo saggio, che presto sarà pubblicato in Italia da Frassinelli, la Morrison parla dell’importanza di ogni parola e scrive: “Forse nella morte sta il significato della vita. Ma produciamo il linguaggio e nelle parole è  la misura delle nostre vite”.

La parola poetica, infatti, crea vita e salva la vita nelle vicende dolorose dell’esistenza con la sua forza: la parola della poesia, come la goccia scava la pietra, scava nell’anima una sua traccia, che può restare indelebile. Non ha fretta, la poesia è un tempo che indugia, che non si chiude. Sono parole che fanno del bene, che avvicinano non che allontanano, anche quando sono stridenti o dirompenti, quando sembra sezionino il cuore. Le parole di Anita non stendono giù con un pugno, anche  quando negli accostamenti sono violente o laceranti. Procurano invece compartecipazione, coinvolgimento, riflessione, diventano “parole – creature viventi” (Eugenio Borgna): ci insegnano a conoscerci e a conoscere perché non sono parole morte, ma vive di passione e di dolore autentico e, come giustamente dice Simone Weil, “non c’è conoscenza senza sofferenza”.

E’ bello scoprire la nascita di queste parole poetiche di Anita e seguirne la vita: non sono simulacri, non sono maschere letterarie, ma crescono in progressione come creature viventi, pronte ad una vita di passione, fino in fondo, lottatrici. Come l’uomo in generale sperano di non morire mai e forse ci riusciranno ad eternarsi, tanto sono vere e potenti. Le parole poetiche vendicano gli autori, talora, e li compensano delle vicende della vita, dolorose e sempre combattute, mai nulla di regalato o di scontato.


La poesia di Anita è di ampio respiro e di vaste tematiche. Si parla spesso di natura antropomorfa, cui presta voce, sentimenti, quasi forma fisica umana. Si parla di sentimenti: molto vengono analizzati i moti del cuore, totalmente dissimili, dell’uomo e della donna nel contrastato modo di concepire un rapporto semplicisticamente definito d’amore. Ma esamina col cuore anche momenti tragici della storia dell’umanità, come nei testi legati al film Roma città aperta di Rossellini o alle madri di Plazade Mayo. Sono poesie da brivido, che chi legge non potrà scordare più e che porteranno a scelte di vita inevitabilmente schierate verso il bene, la pace, i valori umani. Una poesia che costruisce, che educa, che lavora in noi, senza una volontà dichiarata dell’autrice, ma solo con la semplice forza della  parola, dell’essere poesia.

E’ una poesia di espressionismo magico, che sembra essersi fatta da sé, strana, persino stravagante negli accostamenti lessicali, quasi mai logici, sempre analogici, nell’uso originale di figure retoriche: iperboli, anafore, metafore, usate in modo inconsueto ma che risultano di grande naturalezza. E’ tutta una figura fonetica, giochi sonori di assonanze sguinzagliati attraverso la musica lenta e maestosa di endecasillabi, alternati a combinazioni metriche diverse che servono a frenare, interrompere, dilatare gli effetti musicali troppo uniformi. Ne emerge una struttura di canto perfettamente armonizzato. La musica, però, non sempre è edificante: c’è una musica atonale di dissonanze, di dirompenze, di sconnessione con le regole della musica tradizionale. Così è anche la poesia di Anita: non fermatevi al ritmo che talora volutamente si inceppa, non giudicatela se il verso talora ha una sillaba in più o in meno dei canoni classici, cosa che sembra rendere la lettura ad alta voce più faticosa. E’ un effetto suggestivo che risulta così amplificato ed insistito, da creare un’eco interiore dirompente nel lettore, effetto a parer mio proprio ricercato e voluto dall’autrice.

Ci sono tuttavia anche poesie di assoluta perfezione ritmica e stilistica: anche qui possiamo constatarlo dalla lettura ad alta voce, dalla caduta precisa di ogni accento nel verso, sempre calibrato nell’andamento e nelle pause che creano  un’onda musicale di raro equilibrio. Si veda, ad esempio, Il suono dell’inchiostro.


Ho conosciuto casualmente Anita quando un giorno del maggio scorso entrò nella sala dove parlavo del poeta cileno futurista Huidobro. Ora capisco perché il suo intervento alla fine fu così puntuale. Le immagini ardite e il clima poetico alogico di Huidobro sono la sua chiave creativa, come per esempio nella poesia Neve, in cui la neve è essa stessa una candida luna che cade in fiocchi:


Neve

Se sono stata sola

nella neve

ad ascoltarmi i passi

lei mi reggeva

che non sprofondassi

Incarnazione bianca del silenzio

mi abbraccia

ancora adesso

eppure senza chiedermi la luna

perché la luna

in fondo

altri non è che lei

che cade in fiocchi

Da sempre

fingo un senso di sorpresa

ma io la sento prima quando arriva

e la indovino tutta dall'odore

fra il mistico

il filosofo

e il fratello

Profumo che farebbe il pane in forno

se il freddo fosse cuoco

come il caldo

La neve mentre cade tutta intorno

per un momento

il mondo sa di buono


E’ una poesia che succede, che accade, che ha una sua conformazione artistica che forse va, per magia, al di là degli effetti voluti dall’autrice. E’ creazione artistica allo stato puro e vive della sua vita autonoma.

Non chiediamoci il rapporto tra abbandono al sogno e concretezza reale, tra reale ed immaginifico, tra possibile ed impossibile, tra logico ed analogico. Il miracolo dell’arte poetica dirime ogni contrasto. Le voci del mondo sommerso, fatte di un sentire sommesso e misterioso, dicono più di mille parole accademiche.


Per dodici volte

Per dodici volte: FRANCESCO

non altro fragore non altro silenzio che dodici volte: FRANCESCO

per dodici eterni rintocchi per dodici estremi richiami

E' Pina che insegue il suo uomo che insegue quel camion tedesco

la Pina che chiama

la Pina che sveglia che invoca che vuole FRANCESCO

e prega e bestemmia FRANCESCO che pare perfino arrabbiata

Se solo ti prendo ti giuro da me non ti salvi FRANCESCO

FRANCESCO ci sono e resisto FRANCESCO se corro ti prendo la mano

mi aggrappo di peso e ti salvo ricorda FRANCESCO ti amo

E grida la Pina da belva ferita

la voce che suona a martello

e noi lì a sperare che almeno stavolta

finisca in un modo diverso.


Finché non sentiamo sparare e resta il suo corpo riverso

L'han fatta tacere la Pina

perché col tuo nome tra i denti

avrebbe ridotto l'esercito in fuga

avrebbe convinto i tedeschi alla resa

vincendo la guerra da sola

Per questo hanno preso la mira

sì come si abbatte un uccello

e lei si è schiantata di colpo

che ancora gridava FRANCESCO

Noi tutti possiamo sentirla

davanti a un nemico se cala il silenzio

la Pina che chiama gridando

ognuno di noi come fosse FRANCESCO

E se guardi bene di piume di Pina

ancora ne stanno cadendo

accade durante le notti più lunghe

oppure nei giorni di vento


Vieni

Vieni con me in giardino

tracciamo un bel confine profondo nella ghiaia

e poi si fa la guerra

giochiamo che tu eri il mio nemico

che io sono il più forte e così vinco

Facciamo che quest'oggi tira vento

e ti ho ferito a morte

se no mi avresti ucciso tu per primo

Si fa a chi spara meglio

si fa a chi è più veloce

e va da sé si sa che poi si muore


Non ho capito ancora

perché da qualche cielo sulla

testa nessuno ci interrompa

nessuno chiami mai per la merenda

dicendo tutti a casa senza scampo

Su presto che a momenti farà buio

Su presto che a momenti farà freddo


Certi fiori

E’ quel posar la testa

i bimbi

al sonno

che ho visto solamente in certi fiori

scampati al temporale

perfetti d'abbandono

e paghi di asciugare dentro un raggio

Un cucciolo e il suo sogno si sognano l'un l'altro

Covarli può lasciarti senza fiato

ma a vivere ti basta il suo respiro

e ricamargli il viso con lo sguardo

Reggendo il suo dormire

reggi il mondo

che possa rigiocarci al suo risveglio

Ma se tu bracchi d'ansia

il suo domani

lo stringi troppo forte

che quasi

gli fai un male che si sveglia


Il suono dell'inchiostro

Ho scritto molto e intorno a molte cose

parole senza l'ombra di intenzione

piovevano nel cavo delle mani.


Illusa di poterle trattenere

illusa di riuscire a raccontarle

le ho scritte senza meta

senza pretesa alcuna di capirle

di farle sembrar vere

che il suono dell'inchiostro

bastava per cantarle.

               

Scalciando

In principio tuffammo di testa

scaturimmo scalciando

da madre infinita

fin giù fuori a toccare la terra.

Contestammo incompresi

la fretta dell'ultima spinta

e vi fu chi derise quell'aria smarrita

se pur con tenerezza.

Da quel giorno ogni giorno è leggenda

ma alla fine di questa partita

servirà ancora un tuffo alla cieca

l'espressione da salto nel buio la stessa

forse un po' più stupita.

Ciò che conta è imparare a lasciarsi cadere

con la stessa incrollata fiducia

come i primi anche gli ultimi passi

Ciò che conta è cantare la favola intera

senza averla del tutto capita


Plaza de Mayo

Chissà da quanto tempo che non dico

io stringo forte al collo

un cencio bianco antico che sa di nodo in gola

Il poco fiato stento che è rimasto

lo tengo insieme giorno dopo giorno

e nodo dopo nodo dopo nodo

e notte insonne dopo notte in bianco

Col tempo incanutisco

ma per eccesso puro di dolore

imbianco e non invecchio

e tengo insieme tutti quanti i pezzi

di un viso troppo stanco nel fazzoletto liso

che lego ancora stretto al mio ricordo


Io sopravvivo tutta di traverso

come un granello lacrima nell'occhio

Per ogni nodo un figlio mai tornato

che te lo sei sognato che non è mai esistito

Voi tratti via di notte

come si fa da sempre per anime al macello

voi tutti giù ingoiati dal silenzio

come fioccasse neve incontro al buio

sporgetevi da ovunque vi troviate

se per un solo istante dall'alto mi guardate

sarò quella qualsiasi tra le madri

tra mille poco più che un fiore bianco


                              Marvi del Pozzo


Anita Menegozzo ha pubblicato i libri di poesia: La goccia di me stessa con cui scrivo (Edizioni el squero, Venezia 2014); Starti tra le mani (Edizioni  el squero, Venezia 2015); Poetare dell’amore non mi basta (Edizioni  el squero, Venezia 2018)


bottom of page