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"Lo strano diario di un tramviere" di Salvatore Sblando (Ed. La vita felice 2020)

Avvicinandomi alla lettura dell’ultimo libro di Salvatore Sblando, sono rimasta perplessa sul titolo dell’opera: che cosa c’entra, mi chiedevo, la professione della vita con la sua poesia, quella di un uomo aperto, anzi spalancato, alle problematiche civili e sociali, di sensibilità profonda, sempre inclusiva in tema di arte, di bellezza, di emozioni? Che c’entra la grande capacità percettiva, l’abile tessitura dell’architettura poetica di Sblando con il mestiere di tramviere? Il titolo mi pareva francamente limitante, riduttivo.


Mistero momentaneo, chiarito andando a rileggermi la prefazione di Davide Rondoni alla precedente opera di Salvatore, Ogni volta che pronuncio te, La vita felice 2014. Si tratta dunque di un filo conduttore (un po’ di legittimo orgoglio, un po’ provocatorio) che lega l’opera nuova alla precedente: Rondoni, nella sua recensione positiva, terminava dicendo “il lavoro di questo scrittore... mi pare rappresenti un libro che dice di un’epoca, di un noi, e non sia solo lo strano diario di  un tramviere”. E anche qui, considerando l’ariosità del libro, questa locuzione aveva per me qualcosa di limitante, proprio in concreto, così come è la struttura chiusa, un po’ claustrofobica, di una vettura cittadina di fronte agli spazi sconfinati, aperti anche neiriferimenti culturali, vasti e spaziosi, di certi testi di Salvatore. Va anche detto che il percorso su rotaia è sempre vincolante e unidirezionale (la rotaia appunto). Avevano un senso di  spazialità i grandi percorsi dei mitici treni di un tempo -  Orient Express, Transiberiana - che ti portavano ad attraversare terre esotiche e spazi sconfinati.

A riprova di queste mie sensazioni, voglio riproporvi, dal precedente libro, questa poesia dove le parole, anche tecnicamente perfette del componimento, diventano nel lettore memoria, e cioè vita che non muore, e vanno ben oltre il “diario di un tramviere” perché di diaristico non hanno proprio nulla, e non importa un fico secco se il poeta sia tramviere, fioraio, avvocato, portiere o commercialista. La poesia è universale: si annida in un’anima singola, trova espressione e vita propria o, altrimenti, non è.

 

Siamo

Siamo le parole che non scriviamo

quelle che pronunciamo

siamo gesti tra i pensieri

la carica a molla di un orologio

da taschino

le poesie rubate ai malanni



di Ripellino

 

Siamo la voce che non sentiamo

nel diniego in trasparenza

di una amicizia

 

Siamo la luce infinita dei lucernari

la disciplina del sorriso di Mandel'stam

  aperto come una strada,

non docile

non servo

 

Siamo l'assoluta ragione del consorte

la quiete nell'irrazionalità di una accusa

 

Perché voglio il silenzio in questa vita

l'urlo eterno nella mia discendenza

dopo la morte.

 

Ritornando all’opera di oggi, questa volta Sblando il diario lo crea davvero ed ogni poesia ha una sua collocazione di  tempo e di spazio certificata e datata. Talora, in sottofondo, c’è anche il tram, questa volta sì, in certe poesie legate a zone familiari di Torino: Piazza della Repubblica e il suo mercato Balôn, Piazza Derna, La grande città. Va detto - e a questo punto è chiarimento determinante - che Salvatore è il creatore di  Periferia letteraria, e il nome dice tutto: il suo intento è di stare accanto alla gente comune. Non solo il tram arriva in periferia e dalla periferia ritorna al centro cittadino, ma nei percorsi della città si snodano condivisione, confronti di cultura, sintesi di corrispondenze e differenze, circostanze quindi di arricchimento umano, personale, prima che culturale.

 

Piazza della Repubblica

Ora che sulla strada

brilla la luce fissa

della rotaia

che porta

verso il deposito

e sul pavé ottagonale

una pila in legno

umido di notte

lascia la voce

al venditore

di prezzemolo

e menta

         mi chiedo

cosa ti porta

a scegliere tra le foglie

abusive, profumate

e il metallo rotondo

rumore

di portafogli infranto

sul tram buio

d'orizzonte e fornici

(Torino, 15 novembre 2015)

 

*

Piazza Derna

I sogni

quelli veri

non hanno bisogno

di aggettivi

Come il traffico

di Piazza Derna

ruotiamo intorno

alle nostre poesie

desideri che diventano

voce e cadenza

     di Emilio

   Paolo

Taormina

O come quei maestri

che non puoi pagare

se non con la grazia

di ogni verso

sospendi il rosa

attillato dei tuoi occhi

Mentre il nostro rosso

acceso

si specchia sulle rotaie

del tram

per tagliarci

ancora

         sottovento

(Torino, 13 febbraio 2017)

 

Il sottotitolo del volume è Poesie per un nuovo inizio. Dopo eventi di grande dolore la vita impone di ricominciare, in modo diverso, certo più consapevole, a fare i conti col proprio presente e con la propria interiorità. Anche la poesia, plasmata dalle esperienze e dal dolore, col dolore matura: si fa più rarefatta, più “giusta” nella scelta del lessico, il verso più scandito, nuovo anche graficamente.

Dico questo perché personalmente ho notato differenze formali notevoli rispetto al libro precedente, del 2014. Qui, nel ritmo essenziale, talora persino sincopato, la parola si inserisce diversamente in spazi bianchi ampi, che ne fanno cornice, la precisano, la esaltano dilatandola. Questa diversa scansione, di verso e di spazio, diventa il carattere distintivo di Salvatore, originale, riconoscibilissimo. E'  una zampata, questo libro, di compiuta maturità poetica.

 

Poeta

Prima di iniziare

a scrivere

leggo

    sempre

    come quando

per guidare prima

per anni ho guardato

mio padre

Ora che scrivo

ho appena finito

di leggere

pagine altrui

di versi negati

e dipinti di sguardi

verdi e nero

china nel dipinto

che non sa

di essere nato

scritto

sopra notti

     intere di fogli

in trasparenza

(Torino, 19 aprile 2016)

*

 

La prova della mia scrittura

La prova della mia scrittura

sei tu

che leggi ogni

traccia d'inquietudine

che t'appresti fra le mie insonnie

e cancelli

ogni scansione del respiro

 

Mentre io fisso

l’ennesimo punto

unico segno

d'interpunzione e aria

fra me

e te

(Torino, 3 giugno 2018)

 

In questo libro la poesia nasce e vive alimentata dal dolore: una serie di perdite hanno segnato l’autore, dal lutto subito da bambino per la morte del figlio innocente della sua maestra di scuola, trovatosi casualmente sotto tiro nel 1979 in uno scontro tra forze dell’ordine e terroristi, fino al cruciale distacco dall’amatissimo padre, recentemente. Se vogliamo, la basilare figura paterna era già stata persa in precedenza, per il figlio, a causa di una malattia cerebralmente invalidante, che aveva reso Salvatore negli ultimi anni - come spesso succede - padre di suo padre, in uno scambio di ruoli particolarmente straziante in quanto innaturale. Ne so qualcosa anch’io. Ma dal dolore cresce e si fortifica anche l’amore e questo è un libro di versi d’amore, totalmente, liberamente, d’amore.

Riscontriamo l’amore e poi il rimpianto per il vissuto con il padre, ovviamente, ma soprattutto per ciò che il padre gli ha lasciato: l’eredità di affetti e di sentire. Campeggia quindi l’amore per l’amore: della natura, della vita nelle sue contraddizioni, delle donne passate e presenti, direi in lui sempre presenti perché gli hanno forgiato anima e sensi sia nelle affermazioni sia, forse più ancora, nelle negazioni cui la vita ci costringe. Così l’uomo conosce se stesso. Di nuovo giorni di sofferenza insostenibile si mescolano alle gioie dell’amore realizzato. Ma è da questo binomio che si impara a costruirsi e a ricostruire dei nuovi inizi. Ne deriva una poesia più consapevole, sicuramente coinvolgente e condivisibile.

 

Questo libro è uno di quelli che lasciano il segno e permettono a chi legge di andare avanti con rasserenamento e speranza. Non c’è facile ottimismo, ma Lo strano diario di un tramviere ci conduce a respirare in un mondo migliore.

Le sue poesie d’amore per la vita in ogni sua manifestazione sono, nello stesso tempo, tra le più immediate e scavate, più luminose e disperanti, più aeree ed abissali che io abbia letto (e non solo negli ultimi tempi!). Esprimono le contraddizioni di ogni tipo di amore, ma è proprio da questo aspetto che deriva per tutti la sua incommensurabile fascinazione.

 

I tuoi capelli

I tuoi capelli

che parlano di Sud

guardano rossi

al mio Sud

e declinano dopo

avere diviso

sedie e poesie

mentre c'è chi dorme

al fumo del nostro sigaro

come fosse un rito

poggiamo le nostre

labbra

sulla rabbia del consumarci

      a Sud

nel tuo ennesimo

  addio

(Torino, 4 maggio 2017)

 

Ricominciare

Svoltare

Vieni a vivere con me

Sono tutte cose

che hai chiesto

al mio silenzio

fermo

sulla strada del mio

ritorno a casa

                                   (10 gennaio 2018)

 

Mi siedo

Mi siedo

sulla prima panchina

    che incontro

Non ho più tempo

per me

        e tu sei

il mio tempo

Come è tempo

il fumo

che lascia

spazio al sigaro

consumato

tra dita,

labbra

e il netto taglio

sul mio ennesimo

      senso di colpa

(Torino-Spina Reale, 4 febbraio 2019)

 

Assenze

Oggi

vorrei essere

      un dolore

di quelli che nascono

dopo che abbiamo vissuto

sottosopra

senza fiato

 

Perché quando

non ho male

significa che non ci sei

(Torino, 10 settembre 2019)

 

Sigari

Lascio che passi

un'altra notte

inerte

      senza te

Il sorpasso

  dell'assenza

     supera la curva

dei pensieri

      e si posa

    sul controvento

fumoso

    di un sigaro

cubano

(Torino, 1.9 gennaio 2020)

 

Un tempo nuovo

Amore mio

ho bisogno di toccare

le stesse notti

    giorni uguali

      ore e minuti

         che tocchi

 anche tu

 

fino a che

    toccherò

        ancora

millimetro

          su millimetro

un tempo nuovo

 

    insieme a te

(Torino, 19 gennaio 2020)



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