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Introduzione di Abele Longo a L’anno, la notte, il viaggio di Fernando Della Posta

 

Collezione di quaderni di poesia “Le gemme” n. 4 anno 2011 (Ed. Progetto Cultura)

 

ISBN 978 88 6092-387-5 

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“Un essere umano è i mondi che si sceglie, / alcuni li percorre, altri li oltrepassa./” (Il deserto dei Tartari), incipit che si imprime nella memoria e offre chiavi di lettura per la poesia di Fernando Della Posta, autore fedele a una cifra stilistica frutto di appassionate letture e suggestioni non solo letterarie. Il “percorrere” e l’“oltrepassare” rappresentano infatti i piani di una poetica inscindibile dal proprio vissuto e da una visione immaginifica che si serve dell’invenzione, in un gioco di rivelazione e depistaggio, per “andare oltre”, negli angoli più remoti dell’esistenza, nell’inconscio. 

Apre L’assedio a Yèrevan con un “rumore di folla” spazzato via dagli idranti in una distesa oceanica che si fa insieme di linee, somma dell’infinito che continua in dissolvenza in Il deserto dei Tartari (l’inquietudine del filo dell’orizzonte e il conseguente rin-tracciare luoghi della mente, lontani anche nel tempo, mitici e misteriosi). Il viaggio, a cui rimanda il titolo della raccolta, è tuttavia interiore e coincide con la fatica e la gioia del vivere, in un rapportarsi con gli altri da cui emerge, come un muro, l’incapacità di capirsi, di comunicare. Tema portante è la “maschera”, nell’accezione pirandelliana di frantumazione dell’io: Disfo le mie maschere, mi abbandono e penso:/ “… solo adesso, accantonato da me stesso,/ nel mio letto, / col respiro della mia gemella al fianco,/  nudo solo adesso - mi dico - son me stesso”./ (Esprimi un desiderio?). Ma anche “maschera” in quanto immagine simbolica del poeta come “fingitore”, nella definizione di Pessoa a cui è dedicata l’ultima poesia, Comparse, Magie, Incursioni. Pirandello e Pessoa, i richiami forse più presenti, insieme a tutto un corollario felliniano che riporta alla marcetta circense di Otto e mezzo con la passerella finale dei personaggi del film propiziata dal prestigiatore (il potere salvifico dell’arte). Vita e finzione che si confondono, ognuno “comparsa” del proprio film.

Ciò che più colpisce è la sincerità del dettato, di un poeta determinato ad essere soprattutto se stesso. Il misurarsi con i grandi non genera soggezione di sorta, né incute timori reverenziali. L’eteronimia pessoiana e lo sdoppiamento dei personaggi di Pirandello fungono soprattutto da humus, come se l’autore ricevesse l’impulso a scrivere dalla (loro) lettura. Il gioco, l’invenzione, non rappresentano inoltre linee di fuga, semmai un rimedio o delle vie di uscita; né si delineano come un fine a sé, arte per il piacere dell’arte. E’ poesia ludica che sa essere lucida e riflessiva, in un raccoglimento partecipe e accorato: Dalla mia terra non ho/ più nulla da imparare. / La poso al suolo come il cane posa l'osso,/ ne ho lo stesso suono. (Dalla mia terra). Grazie a Cinzia Marulli Ramadori per aver colto il valore di un poeta “luminoso”, per averne incoraggiato il cammino nel suo viaggio nella notte.

 

                                                                                                                                          Abele Longo

 

L’assedio a Yèrevan

 

Rumore di folla, 

fitta pioggia senza vento al sole.       

 

Gli idranti coronano i colli

che ancora sono pianura,

una distesa d’acqua oceanica 

dove si volgono

s’avvoltolano i piccoli 

di balena - piacevoli spruzzi.

 

Ma la gramigna che infesta

le grondaie delle case senza 

vetri, i campi dalle folte fila 

come eserciti schierati,

senza direttive - se non la vita -

senza staffette, se non l’insetto 

che reca l’unico dispaccio:

“Prendi più che puoi!

Prospera e cresci! Aspetta solo

la stagione degli allori! 

L’assopirsi delle tigri 

per tua fortuna non saprai, 

né racconterai a chi, 

successivo, prenderà il tuo posto. 

 

La prima linea conosce l’infinito, 

ma ogni eroe 

non conosce chi lo segue”.

 

Abbassando gli occhi il re Osroe

diede un cenno d’assenso

al Caucaso di fronte.

 

29/10/2010

 

 

 

Il deserto dei Tartari

 

Un essere umano è i mondi che si sceglie,

alcuni li percorre, altri li oltrepassa.

 

“Accetta gli scompensi dei pesi 

e le bilance sempre in mancamento!

Sono l'equilibrio, che più ha di vero!”

 

Quest’eterno contraddire il senso,

che con la parola di rado si accorda,

l’ho trovato nell’essenza del fiore

che di continuo si apre, di continuo avvizzisce.

 

Ho visto camminare soldati di pattuglia

davanti a muraglie senza fine,

- in una ricognizione - che non ha mai fine

 

… tirare avanti dinanzi a certe porte

in altre ancora entrare, poco dopo uscire.

 

04/12/2010

 

 

 

 

 

La favola dell’albero di Allah

 

Ho tradito il mio sguardo pensando 

che fosse tutto un arrendevole abbracciarsi

e strascicarsi di parole appese al labbro. 

Virgole negl'interstizi, o nell’intervallo 

della carne rossa, 

e opposizione nell’unione dello spirito

che tutto separa tutto include - adolescente.

 

Ho tradito il mio sguardo pensando

che un filo rosso che si slaccia da una guancia

e si posa lieve su una bocca

ha a che fare poco, con l’amore in boccio.

Un occhio presentito e prematuro

lascia travisare una scelta che c’è stata

ma potrà non essere. 

Basterà un cadere lungo i fianchi delle braccia, 

uno scostar di lato il guado, una triste vela

a terra che si posa. 

 

 

 

 

Fernando Della Posta è nato a Pontecorvo, vive e lavora a Roma nel campo dell’Information Technology ed ha scoperto la poesia da pochi anni. Come Pessoa anche per Fernando Della Posta “la poesia è il modo per stare da solo”; Gestisce il blog versisfusi.splinder.com ed è redattore nel blog Neobar.wordpress.com. E’ stato inserito in diverse prestigiose antologie ed ha pubblicato suoi testi poetici nel libro“La Versione di Giuseppe. Poeti per Don Tonino Bello” edito dalla casa editrice “Accademia di terra d’Otranto - Neobar”, 2011.“L’anno, la notte, il viaggio”  è la sua opera prima.

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